Le codificazioni napoleoniche di inizio ‘800 classificavano i reati in tre categorie: crimini, delitti e contravvenzioni.
Nell’ordinamento italiano, poiché la categoria non è stata ripresa dal codice penale vigente, il termine “crimine” non ha più un significato giuridico, ma è rimasto nel linguaggio corrente per indicare genericamente un grave reato.
Simile sorte è toccata al termine “delitto”. Risalente al diritto romano, era considerato un’offesa arrecata al singolo individuo e legittimava una reazione individuale e si differenziava dal crimen, figura corrispondente all’odierno reato.
Anche se per antonomasia è l’omicidio il reato con il quale si identifica generalmente il concetto di delitto, gli scenari che quest’ultimo offre si estendono su più fronti.
Crimini di guerra e contro l’umanità, crimini di Stato, ambientali, di mafia e terrorismo: la mostra spiega contesti storici e sociali, raccontando le vicende che hanno attraversato il nostro Paese dall’inizio del ‘900 a oggi.
In esposizione le azioni delle Brigate Rosse, la drammatica vicenda dell’Eternit, il caso Aldo Moro, le cosche malavitose delle ‘ndrine e le altre affiliazioni mafiose, gli strumenti di contenzione e tortura usati nei campi di prigionia durante l’ultima guerra mondiale.