Prima degli studi ottocenteschi la realtà criminale, benché fosse un problema concreto, non era stata studiata in modo sistematico. Fu il medico e antropologo Cesare Lombroso tra i primi ad avvertire la necessità di approcciare il delitto con criteri nuovi e scientifici.
Si iniziò così a riconsiderare il trattamento del delinquente, che non doveva più essere semplicemente condannato, ma punito in maniera proporzionale all’entità del reato commesso e, soprattutto, rieducato in modo da consentirne la riabilitazione in previsione della futura risocializzazione. Altrettanto innovativo fu lo spirito che mosse le ricerche in campo clinico, che presero a studiare il criminale dal punto di vista medico per definirne le caratteristiche individuali, utilizzando le metodiche offerte da scienze giovani ma già in forte sviluppo come l’antropologia, l’antropometria, la sociologia, la psicologia.
È grazie alla scuola lombrosiana se è stata costituita in Italia, all’inizio del ‘900, la polizia scientifica, prima a essere creata al mondo. Questa ha da subito introdotto innovazioni importanti, come la realizzazione del cartellino segnaletico del criminale, il rilevamento dattiloscopico delle impronte digitali del sospettato e l’analisi medico-legale della scena del crimine.
Contemporaneamente anche la fotosegnalazione ha mosso i primi passi nel nostro Paese, con l’invenzione di un’apparecchiatura fotografica in grado di immortalare simultaneamente il fronte e il profilo destro del soggetto, anticipando di quasi un secolo l’attuale apparato Identisystem.
La mostra ripercorre con documenti, curiosi oggetti e immagini le teorie e le invenzioni – ma anche gli errori – che hanno portato alla nascita della moderna criminologia.